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Articolo: Intervista ad Alessandro Baricco (C1-C2)

Intervista liberamente tratta da “Il venerdì di Repubblica”, del 28 ottobre 2011, di Antonio Gnoli.

Alessandro Baricco, torinese, 53 anni: scrittore, saggista, critico musicale e regista. Il suo nuovo romanzo Mr Gwyn, esce il 3 novembre per Feltrinelli.  Mr Gwyn non è dissimile dagli altri suoi libri: breve, asciutto, lievemente internazionale. Leggendolo, immediatamente si pensa a un lussuoso paio di scarpe fatte a mano. Ma Mr Gwyn non è un calzolaio, anche se potrebbe esserlo stato o, chissà, diventarlo. E’ uno scrittore. Di successo. Romanzi premiati dalla critica e dal pubblico, una collaborazione prestigiosa al Guardian e la certezza che qualunque cosa scriva verrà pubblicata. Il suo talento si fonda su di una qualità mimetica e introspettiva: “Sconcertava la facilità con cui sapeva calarsi nella testa delle persone e ricostruire i loro sentimenti”.

Poi, qualcosa di insolito accade nella vita di Jasper Gwyn: “All’età di 43 anni scrisse per il Guardian un articolo in cui elencava cinquantadue cose che da quel giorno non avrebbe fatto mai più. E l’ultima era: scrivere libri”.

La trama del romanzo si svolge a partire da questa decisione, che sconcerta e impensierisce il suo agente letterario. Ma perchè Mr Gwyn smette di scrivere? Mancanza di ispirazione? Disgusto (o paura) per il successo? Volontà di cancellare il proprio nome? Desiderio di sparire? La letteratura ha più volte praticato queste strade. Ma nel romanzo si assiste a qualcosa di più paradossale, come se il lettore si trovasse di fronte a un gioco rovesciato di scatole cinesi: dove le più piccole contengono le più grandi. L’illusionismo, in fondo, è un’altra delle caratteristiche di Baricco.

Perchè ha scelto come protagonista uno scrittore inglese, e non un italiano?

“Il setting dei miei libri non è quasi mai locale. Potevo ambientare il romanzo anche in Norvegia. Ma mi piace l’Inghilterra, è un paese che negli ultimi anni frequento volentieri”.

Mr Gwyn è uno scrittore di successo, la critica lo apprezza, il pubblico lo premia. Come mai decide di smettere di scrivere?

“Faccio fatica a immaginare cosa significhi quel gesto. Le ragioni per cui Gwyn smette non sono importanti. L’importante è ciò che allestisce dopo. Come sempre a me interessa molto il modo in cui la gente rimette insieme i pezzi delle cose che ama, dopo che qualcosa è accaduto”.

Il suo protagonista decide di mettere il suo talento in un’impresa che può apparire bizzarra: fare ritratti a persone sconosciute. Sostituire la carta e la penna con la tela ed il pennello. Ora, trasferire il linguaggio della letteratura alla pittura mi pare molto difficile, non trova?

“E’ un passaggio acrobatico”.

Cosa la seduce della sparizione?

“La sparizione è sempre una storia bellissima. A ben guardare scriviamo sempre un solo libro e non è casuale che la sparizione sia una costante dei miei romanzi. Continuo a raccontarla scoprendo ogni volta dei suoi lati che non conoscevo”.

Sparire è anche provare a sottrarsi a certi condizionamenti.

“Le motivazioni possono essere le più diverse. Io francamente non ci ho molto riflettuto. Credo che in uno scrittore l’animale prevalga molto più di quanto la gente sia propensa a credere. Il nostro mestiere richiede un tratto animalesco. In seguito puoi anche riflettere su ciò che hai fatto. Ma la gran parte delle scelte sono istintive, c’entrano con la fisicità più che con la mente. Mi sono trovato molte volte a edificare mondi in cui sparire. Sapevo perfettamente che era l’istinto a spingermi. Alla fine ciò che racconti è solo una tua ossessione”.

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